La Parola del Parroco
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01 Dicembre 2024
L’aveva scritto il nostro Arcivescovo l’anno scorso nella sua proposta pastorale (Viviamo di una vita ricevuta): “Nel contesto in cui viviamo, la proposta cristiana può essere considerata come una sorta di stranezza d’altri tempi, può essere disprezzata come ridicola, può essere intesa come la pretesa di giudicare, come una invadenza fastidiosa”. Ciò avviene soprattutto sul tema dell’aborto. E devono aver dato molto fastidio i giovani studenti di Comunione e Liberazione dell’Università degli Studi di Milano che martedì scorso avevano organizzato un incontro (“Accogliere la vita. Storie di libere scelte”) proponendo testimonianze di mamme che pur nella difficoltà economiche e sociali avevano scelto di non abortire; doveva seguire anche l’intervento di Soemia Sibillo, direttrice del Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli e vicepresidente del Movimento per la Vita.
Invece – si legge da Avvenire – alcuni studenti del collettivo “Cambiare rotta”, insieme ad altre sigle, e coloro che da settimane stanno occupando un edificio proprio in Città Studi, hanno interrotto la sessione con grida, striscioni, tamburelli, anche bestemmie. E così, sabotando anche gli impianti dell’aula universitaria, hanno costretto gli organizzatori a interrompere l’incontro senza cedere alle provocazioni né tantomeno reagendo con violenza ad esse.
L’episodio è certo gravissimo e rivelatore di come la testimonianza cristiana e l’annuncio del Vangelo della vita incontrino ancora oggi il rifiuto, lo stigma, il disprezzo e l’odio. Colpisce però che questo sia avvenuto all’interno delle mura di una Università e tra giovani. Nel luogo, certo di studio e di apprendimento, in cui si deve promuovere il confronto delle idee, l’ascolto reciproco, la libertà del pensiero per convergere verso la verità, si assiste a fatti del genere in cui alcuni pretendono di imporre la propria ideologia e impedire ad altri di esprimersi diversamente. E addirittura imporre chi deve stare in Università e chi no Pur vero che le Università sono sempre state teatro di contestazioni, ma rattrista vedere nei giovani quello che oggi accade nel mondo segnato da guerre volute da prepotenti che vogliono imporsi sui popoli per avvantaggiarsi nei propri interessi (dai venditori di armi ai governanti). Gli stessi giovani che invocano la pace, che difendono i popoli oppressi, che si fanno araldi dei diritti dei deboli, non siano poi capaci di mettersi in ascolto, di lasciarsi provocare a pensare, di argomentare con la logica, e invece ricorrano alla violenza delle parole e dei gesti. Insegniamo ai nostri giovani ad essere uomini di dialogo e di ascolto e soprattutto di rispetto dell’altro.