La Parola del Parroco
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22 Settembre 2024
Viviamo oggi la Festa della Comunità Pastorale e così diamo inizio all’anno pastorale. Il mio desiderio nel celebrare questo evento, novità rispetto al passato, è quello di sperimentare un momento di fraternità e unità, soprattutto con tutti gli operatori pastorali, per ribadire che tutto quanto faremo nei prossimi mesi deve avere in Gesù Risorto la sua sorgente e deve servire alla edificazione di questa nostra Comunità perché sia più fraterna e missionaria. Stiamo assieme in festa un pomeriggio e una sera per celebrare la nostra fede, per incontrarci e salutarci, per confidare le nostre gioie e le nostre preoccupazioni.
In particolare, quest’anno vogliamo invitare tutti a riconoscere il bene che è stato fatto e che si vuole fare nella nostra Comunità che è segno della presenza del Signore Risorto in mezzo a noi. Scrive il nostro Arcivescovo nella sua proposta pastorale di quest’anno: «Nel quotidiano splendido o tragico, noioso o entusiasmante, deprimente o esaltante, frenetico o tranquillo, gratificante o frustrante, i discepoli, se aprono gli occhi della fede, riconoscono la presenza di Gesù, il Signore. A lui confidano le loro gioie e il tormento che non li lascia tranquilli». Ecco, l’invitto che rivolgo è quello di aprire gli occhi della fede perché quelli della mente e del cuore sono spesso chiusi, velati di tristezza, annebbiati dal pessimismo.
Tenere aperti gli occhi è il compito di chi veglia, di chi sta attento scrutando ogni cosa all’intorno. Mons. Delpini prosegue: «Dobbiamo vigilare. Infatti la tradizione operosa che caratterizza le nostre comunità e l’inclinazione spontanea degli operatori pastorali sono esposte alla tentazione di diventare un protagonismo frenetico: […] la gente è tentata di identificare l’appartenenza alla comunità con la pretesa di essere servita e con l’ingenuità di vedere riprodotti calendari e abitudini che erano consueti in un altro tempo e in un’altra situazione ecclesiale. Ne viene spesso un senso di frustrazione e di insoddisfazione che avvolge di malumore la bellezza della vita delle nostre comunità, così generose, accoglienti, geniali nel fare il bene».
Al posto di lamentarci o – peggio – mormorare, al posto di vivere di triste nostalgia, al posto di voler riproporre schemi del passato, al posto di essere “clienti” della Comunità, scegliamo di esserne “pietre viventi” che la edificano secondo il progetto di Dio per questa nostra Comunità composta da queste famiglie, da questi anziani e da questi ragazzi e giovani. In questa Comunità così come realmente è (e non un’altra, non quella di una volta, non quella che idealizziamo) il Signore è all’opera e vuole ancora riversare nei cuori il suo amore che ci salva. Vi aspetto!