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10 Marzo 2024
Mi è capitato di leggere recentemente un commento del Card. Martini al brano di Vangelo che oggi proclamiamo nella S. Messa. È il racconto della guarigione del cielo nato, che troviamo al capitolo 9 del Vangelo secondo Giovanni. Il Cardinal Martini spiega che l’episodio presenta un duplice cammino: «il cammino dalla cecità alla luce, che è possibile compiere con la grazia di Gesù; ma c'è pure un cammino dalla luce alla cecità, che potremmo compiere per la nostra negligenza e malvagità». Il primo percorso è quello compiuto dal cieco nato, con la sua vera guarigione non solo esteriore, arrivando a professare la sua fede nel Signore Gesù. Il secondo è quello compiuto dagli altri personaggi: i vicini, i genitori e i farisei.
Siamo quindi sollecitati, meditando questo brano evangelico, a interrogarci su quale cammino stiamo compiendo o quale vogliamo intraprendere. Infatti quanto avviene in questo episodio può capitare a noi. Commenta il compianto arcivescovo che il racconto: «descrive ciò che succede ogni giorno: ogni giorno ci sono persone che passano dal non vedere, da una certa povertà spirituale, umana, magari da uno sbaglio umano, da un errore, a vedere; e ci sono persone che invece passano dalla presunzione di avere tutto, di sapere tutto, alla cecità della violenza». Quello che può avvenire a livello personale, può accadere anche a livello di gruppo e anche di comunità. Non stiamo infatti correndo il rischio come parrocchie che da secoli vivono la fede in Gesù, di dare per assodato il nostro essere cristiani, l’avere una fede consolidata, ma poi vivere allontanandoci dalla vera vocazione della Chiesa che è quella di annunciare che Gesù è l’unico Salvatore del mondo? Non corriamo il rischio di chiudere gli occhi davanti alla realtà dei nostri paesi ormai scristianizzati?
Non possiamo infatti negare che molti tra noi, pur dicendosi cristiani, vivono come se Dio non ci fosse e senza avere il bisogno di un salvatore. È come una cecità che porta «a negare la verità e quindi a negare il mondo, le realtà, gli affetti, l'esistenza, a chiudersi volontariamente nel buio (è la sorte di coloro che non vogliono vedere e capire)». È la cecità che Gesù chiama peccato. Infatti al termine dell’episodio c’è una risposta di Gesù ai farisei (purtroppo non riportata nel brano liturgico di oggi): «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: "Noi vediamo", il vostro peccato rimane». Dobbiamo dunque chiedere al Signore che in questa Quaresima ci aiuti a riconoscere le nostre cecità personali e di comunità e chiedere a lui di guarirci per riconoscere in Lui l’unico nostro Signore.