La Parola del Parroco
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25 Febbraio 2024
Nelle nostre due chiese parrocchiali campeggia sull’altare un cartellone che riporta le parole di un canto che sarà proposto nelle liturgie di questa Quaresima. È una scelta del Gruppo Liturgico affinché ci sia un canto che unisca la Comunità nel cammino dei tempi “forti” cioè Avvento e Quaresima.
Per questo tempo il canto è “O Cristo, tu regnerai! O croce, tu ci salverai!. Queste due invocazioni sono da tenere assieme perché si illuminano e si spiegano vicendevolmente. Che Gesù sia un re non deve farci pensare a un despota che vive nel lusso di un castello, ma alla potenza del suo amore con cui vuole regnare nei nostri cuori. È l’amore che si rivela pienamente sulla croce. Gli evangelisti ci ricordano che il motivo della condanna di Gesù al tremendo supplizio è il suo voler essere re dei Giudei. È l’iscrizione sopra la croce, quel cartello con la sigla “I.N.R.I” (che sono le iniziali della frase latina “Iesus Nazarenus Rex Iudeorum”). A beffarsi di questa pretesa di Gesù ci avevano già pensato i soldati romani che gli avevano ammesso addosso un loro mantello rosso come manto regale, una corona di spine e una canna in mano come scettro. Noi però crediamo che davvero Gesù è re per la forza del suo amore per noi, un amore per tutti come lui stesso aveva detto: «Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32).
Ciò avviene proprio sulla croce che diventa il trono da cui Gesù esercita il suo potere d’amore e da cui quindi ci viene la salvezza. Sarebbe assurdo per noi venerare un patibolo come è la croce, se non perché essa fu il mezzo, con la morte che inflisse, attraverso cui Gesù ci salvò grazie al suo abbandono totale nelle mani del Padre, credendo che Dio lo avrebbe liberato dalla morte e avrebbe sconfitto il potere del male che con il peccato e la morte domina ogni uomo. Per questo noi possiamo chiamare “croce” una nostra sofferenza: solo se attraverso questa ci affidiamo come Gesù alla volontà di Dio che è la nostra vita eterna.
Se Gesù sulla croce attira tutti a sé, ecco che noi dobbiamo pregare per tutti e invocare la pietà del Signore per tutti. È ciò che esprime l’invocazione “Kyrie, eleison!” (Signore, pietà) che, in questa Quaresima, cantiamo al termine delle preghiere dei fedeli in cui ricordiamo la Chiesa, il mondo, i sofferenti, noi stessi e tutti quelli che hanno un bisogno particolare, nessuno (!) escluso.
Concludo invitando a vivere con più fervore questo tempo che ci prepara alla Pasqua. In questa prima settimana non ho visto molta affluenza alle varie occasioni di preghiera e alle celebrazioni. Non sprechiamo queste settimane se vogliamo celebrare la risurrezione di Gesù e di noi stessi.