La Parola del Parroco
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23 Ottobre 2022
Nella nostra Diocesi oggi celebriamo la Giornata Missionaria. Da tempo continuiamo ad affermare che le nostre Comunità devono riscoprire questa dimensione essenziale della Chiesa e quindi essere missionarie nelle nostre terre di antica tradizione cristiana ma che ora sperimentano una scristianizzazione crescente segno di un cambiamento epocale. C’è da ri-annunciare il Vangelo di Gesù a coloro che non lo vivono e non credono più.
Tuttavia constato che non siamo ancora persuasi di ciò. Le nostre Comunità faticano a comprendere che la trasmissione della fede si è interrotta nelle nostre famiglie; che la domanda dei sacramenti (quelli dell’Iniziazione Cristiana e quello del matrimonio) rivela solo un vago senso religioso tradizionale; che la fascia degli adulti (dai 60 anni in giù) è assente nelle nostre assemblee e alle nostre attività (a meno che sia un appuntamento ludico o culinario…). La fatica a vedere questa realtà e a rendersene conto si mostra nel desiderio di molti che le parrocchie continuino a ripetere le cose del passato, le stesse proposte, le stesse attività lamentandosi poi della scarsa partecipazione e imputandola all’incapacità di essere attrattivi. Questo desiderio è in parte comprensibile se letto come voglia di “tornare alla normalità” dopo la sospensione della vita delle Comunità a causa dell’emergenza pandemica.
Ben venga allora questa Giornata Missionaria a scuoterci sulla necessità che ciascuno di noi diventi missionario cioè testimone di Cristo, come ha ribadito papa Francesco nel suo messaggio per questa Giornata. Partiamo da un interrogativo: se dovessi raccontare la mia esperienza di fede ad una persona che non conosce nulla di Gesù, che cosa direi? Tuttavia spesso i nostri interlocutori sono parenti e amici che sono stati battezzati ma che non hanno più una vita di fede: come posso testimoniare a loro che la fede in Gesù è per me essenziale? Che se non avessi la fede la mia vita sarebbe radicalmente diversa? Che Gesù è la ragione della mia vita e la fonte della mia gioia?
Immagino che non sia facile realizzare ciò: non siamo stati abituati (soprattutto gli anziani) a rendere ragione della nostra fede perché si è vissuto per molto tempo in una società in cui pareva che tutti vivessero secondo la fede cristiana con le medesime convinzioni e con gli stessi comportamenti. C’è quindi da diventare capaci di raccontare la nostra esperienza di fede senza dare nulla per scontato (certe parole oggi sono incomprensibili: salvezza, peccato…). Come dice il papa, abbiamo bisogno dello Spirito per fare ciò: invochiamolo!