La Parola del Parroco
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15 Maggio 2022
«La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola» (At 4,32). Così esordisce la Lettura degli Atti degli Apostoli nella celebrazione eucaristica questa domenica. Pur essendo in molti, unanime era la volontà e il “sentire”. Non era però solo questione “interiore” o spirituale. L’unità era concreta dato che, continua il testo biblico, «nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune». Si può forse essere scettici sia sulla verità di questo dato storico sia sulla modalità per concretizzare l’ideale dell’unità (con il sospetto di “comunismo”…).
Tuttavia il nostro Arcivescovo nella sua proposta pastorale, invitandoci ad essere una Chiesa unita, scrive: «L’“essere una cosa sola” che Gesù chiede al Padre e ai discepoli deve assumere una forma storica, quindi determinata dalle relazioni, dallo spazio e dal tempo. Le relazioni sono tra le persone, con la loro storia, con lo stato di vita di ciascuno, con i doni che ognuno ha ricevuto dal Signore». Per essere una Comunità unita dobbiamo saper accettare le persone che la compongono, così come sono, perché è nella relazione con loro che dobbiamo vivere il comandamento dell’amore, «ispirazione costante e criterio imprescindibile di verifica per ogni persona e comunità».
La concretezza dell’unità sta proprio in questa accoglienza reciproca di coloro che fanno parte della nostra Comunità e che ci troviamo accanto, senza sceglierli. Si possono creare anche gruppi nella Chiesa (come associazioni, movimenti, gruppi di preghiera…) in cui spesso si vive una maggiore cordialità. E se ci sono antipatie o incompatibilità, si esce dal gruppo… Tuttavia i gruppi non possono diventare isole felici in cui si sta bene per le affinità tra le persone, rispetto all’esperienza parrocchiale. Scrive ancora mons. Delpini: «Tutti i talenti, tutte le qualità delle persone, tutte le esperienze di aggregazione di laici e di consacrati si possono chiamare carismi o vocazioni nella misura in cui edificano la comunione con il tratto della coralità, che comporta la stima vicendevole, la disponibilità a collaborare nel costruire percorsi e a dare vita a iniziative per il bene di tutti. In questa coralità di vocazioni il riferimento alla Diocesi, in comunione con tutta la Chiesa, è un criterio di autenticità». Accogliamo questo invito e impegniamoci, pur facendo fatica, a realizzare l’ideale dell’unità anche nella nostra Comunità, a partire dalla accoglienza reciproca tra le due parrocchie. Il cammino della Comunità Pastorale è ancora all’inizio (dopo secoli di “autonomia” parrocchiale). Non scoraggiamoci ma camminiamo insieme, un passo alla volta!