La Parola del Parroco
Home > La Parola del Parroco > La Parola del Parroco del 02 Maggio 2021
02 Maggio 2021
Il mese di maggio inizia con una festa
(anche se anche quest’anno non è stata vissuta come nel passato): quella del
lavoro. Anzi, come ha scritto il nostro Arcivescovo, «non viene spontaneo
quest’anno chiamare “festa del lavoro” o “festa dei lavoratori” il Primo
Maggio. Troppe incertezze, troppe tensioni, troppi problemi complicati». La
Chiesa si unisce a questa celebrazione civile ricordando, nella liturgia, San
Giuseppe lavoratore. Colui che ha fatto da padre (terreno) a Gesù, è il
carpentiere o falegname che ha conosciuto la fatica del guadagnarsi da vivere
con il sudore della fronte. E in ciò si è associato Gesù che ha vissuto la sua
giovinezza e maturità (fino a trent’anni) facendo lo stesso mestiere di
Giuseppe. Mi aveva incuriosito una spiegazione (che non ho mai approfondito e
verificato) sul tipo di lavoro, artigiano, del “padre” di Gesù. Come sappiamo
Giuseppe era nativo di Betlemme, ma era andato a vivere al nord, in Galilea e
precisamente a Nazareth. Qui non possedeva parte di quella terra santa che
rigorosamente era di proprietà dei discendenti di un’altra “tribù”, diversa da
quella di Giuda cui lui apparteneva. Non avendo una terra da coltivare e da cui
trarre sostentamento, Giuseppe dovette “reinventarsi”, imparando un mestiere
con cui vivere e mantenere la sua famiglia; appunto carpentiere o falegname. Di
lavoro – forse – ce n’era: vicino al suo villaggio i romani stavano costruendo
una nuova grande città (Sefforis, stranamente mai citata nei Vangeli).
Credo che anche questo sia tempo per reinventarsi dal punto di vista lavorativo, a causa della crisi provocata dalla pandemia. E che un’alleanza tra i vari corpi della società debba favorire ciò. Non basta premere per la riapertura di alcune attività eliminando restrizioni (e nei nostri due paesi la situazione non è rosea…) pur comprendendo che alcuni sono senza lavoro e quindi privati della dignità di dare il meglio di sé e avere di che vivere con la propria famiglia. Tuttavia, è bene riflettere che un certo tipo di società consumistica (e per certi aspetti “gonfiata” rispetto ai reali bisogni) non può (e non deve) più sussistere; e non potranno avere più collocazione attività che rispondevano a stili di vita al di sopra delle possibilità o comunque non attente a risparmiare (per il futuro); che per massimizzare i profitti hanno schiavizzato giovani e donne (mai messi in regola...). Ai giovani e alle donne senza lavoro va il mio pensiero e la mia preghiera chiedendo l’intercessione di San Giuseppe, che papa Francesco ha definito “padre dal coraggio creativo”: «esso emerge soprattutto quando si incontrano difficoltà. Infatti, davanti a una difficoltà ci si può fermare e abbandonare il campo, oppure ingegnarsi in qualche modo. Sono a volte proprio le difficoltà che tirano fuori da ciascuno di noi risorse che nemmeno pensavamo di avere».
Credo che anche questo sia tempo per reinventarsi dal punto di vista lavorativo, a causa della crisi provocata dalla pandemia. E che un’alleanza tra i vari corpi della società debba favorire ciò. Non basta premere per la riapertura di alcune attività eliminando restrizioni (e nei nostri due paesi la situazione non è rosea…) pur comprendendo che alcuni sono senza lavoro e quindi privati della dignità di dare il meglio di sé e avere di che vivere con la propria famiglia. Tuttavia, è bene riflettere che un certo tipo di società consumistica (e per certi aspetti “gonfiata” rispetto ai reali bisogni) non può (e non deve) più sussistere; e non potranno avere più collocazione attività che rispondevano a stili di vita al di sopra delle possibilità o comunque non attente a risparmiare (per il futuro); che per massimizzare i profitti hanno schiavizzato giovani e donne (mai messi in regola...). Ai giovani e alle donne senza lavoro va il mio pensiero e la mia preghiera chiedendo l’intercessione di San Giuseppe, che papa Francesco ha definito “padre dal coraggio creativo”: «esso emerge soprattutto quando si incontrano difficoltà. Infatti, davanti a una difficoltà ci si può fermare e abbandonare il campo, oppure ingegnarsi in qualche modo. Sono a volte proprio le difficoltà che tirano fuori da ciascuno di noi risorse che nemmeno pensavamo di avere».