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13 Dicembre 2020
Nella ultima enciclica di papa Francesco Fratelli tutti, alla fine del sesto capitolo dedicato al tema del “dialogo e amicizia sociale, egli invita a “recuperare la gentilezza” (nn.222-224). Intuiamo tutti che di gentilezza e di persone gentili, soprattutto in questo tempo, ne abbiamo bisogno. La stanchezza e il nervosismo per le fatiche che viviamo in questa pandemia con le sue conseguenze negative a livello emotivo e a livello economico e di restrizione della libertà, porta forse ad essere più “permalosi” del solito, reattivi, impazienti e un po’ maleducati. Un esempio è quanto hanno molti hanno detto e scritto sui social (Facebook e altro) per i disagi conseguenti alla nevicata di settimana scorsa. Se è legittimo criticare, tuttavia non lo è usare toni offensivi, mostrare intolleranza, attaccare con cattiveria. Scrive il papa, riferendosi alla mancanza di gentilezza: «Gli altri diventano meri ostacoli alla propria piacevole tranquillità. Dunque si finisce per trattarli come fastidi e l’aggressività aumenta. Ciò si accentua e arriva a livelli esasperanti nei periodi di crisi, in situazioni catastrofiche, in momenti difficili, quando emerge lo spirito del “si salvi chi può”».
Lo Spirito di Dio che abita in noi credenti in Gesù genera il frutto della «bontà» dice san Paolo nella lettera ai Galati (5,22). La parola greca così tradotta, scrive ancora il papa, «esprime uno stato d’animo non aspro, rude, duro, ma benigno, soave, che sostiene e conforta. La persona che possiede questa qualità aiuta gli altri affinché la loro esistenza sia più sopportabile, soprattutto quando portano il peso dei loro problemi, delle urgenze e delle angosce». Noi credenti che siamo illuminati dalla verità della fede (che san John Henry Newman chiama “luce gentile” nella sua preghiera che riportiamo nel rito da vivere a casa con i ceri che oggi benediciamo) siamo chiamati a essere persone gentili non solo per buona educazione, ma perché abbiamo imparato a vedere la nostra vita e la vita degli altri, a vedere quello che succede a noi e nel mondo, con occhi non offuscati dall’individualismo perché ci guida la volontà di volere la felicità degli altri. Così accade «il miracolo di una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza». Vorrei che tutti, con l’aiuto di Dio, ci impegnassimo a compiere questo miracolo. A partire da quelle tre famose parole di papa Francesco che anche in quei paragrafi dell’enciclica vengono richiamati: «prego, grazie, scusa». In famiglia, nei rapporti con gli altri che incontriamo, adottiamo semplice e minimo vocabolario della gentilezza così da essere anche noi “luci gentili” in mezzo al buio di molta scortesia.