La Parola del Parroco
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29 Marzo 2020
«Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti». È un passaggio dell’omelia di papa Francesco (che riportiamo all’interno di questo foglio) nell’adorazione e benedizione eucaristica Urbi et Orbi (“alla città [di Roma] e al mondo”) di giovedì scorso. Un momento straordinario di preghiera, semplice e profondo. Quelle parole, riprendendo il racconto evangelico della tempesta sedata, evidenziano quello che stiamo vivendo in questo tempo di pandemia. Scopriamo si essere tutti nel mirino di un nemico, un virus, e senza alcuna distinzione. Tutti abbiamo paura per la morte che questo male minaccia. Tutti siamo chiamati a comportamenti responsabili per il bene proprio e di tutti. Tutti risentiamo delle conseguenze di questo flagello. E ritrovandoci tutti sulla stessa barca, in balia della tempesta, «anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme».
Abbiamo iniziato un anno pastorale in cui ho invitato la nostra Comunità a diventare sempre più “casa e scuola di comunione”. E la drammatica situazione che stiamo vivendo ci interpella ancora di più a essere così. Da tutti i punti di vista. Anche da quello economico che già oggi preoccupa e domani, quando tutto sarà finito, sarà più drammatico per molte famiglie. Se stiamo imparando che siamo tutti «sulla stessa barca», fin da ora siamo chiamati a convertirci rispetto a stili di vita personali e famigliari (aggiungo: mondiali) che ci hanno resi egoisti e non solidali. Vinciamo la tentazione di “tornare come prima”, di pensare solo a noi stessi, al nostro benessere, a tutelare le nostre comodità, e costruiamo invece quella comunione che chiede a tutti un sacrificio, anche economico, perché tutti, noi compresi, possano avere il necessario per vivere e possano sopravvivere a questa tempesta i “beni comuni” da consegnare alle prossime generazioni (come noi li abbiamo ricevuti da chi ci ha preceduto). Penso ai poveri e ai bisognosi della nostra Comunità e quelli che forse lo diventeranno: non potrà essere più la sola Caritas (che sta operando anche in questi tempi difficili e che ringrazio) a dover aiutare, ma tutti insieme. Penso alle nostre Scuole Materne non statali che svolgono un servizio educativo pubblico non sufficientemente riconosciuto dallo Stato, soprattutto dal punto di vista economico, anche in questo drammatico frangente. Famiglie e Scuola devono essere unite «sulla stessa barca» e pure la Comunità cristiana. Tutti a remare insieme per far crescere quel senso di appartenenza (sono le “nostre” Scuole Materne!) che può garantire loro la sopravvivenza, pensando alle nostre future generazioni.