La Parola del Parroco
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15 Marzo 2020
Proseguono l’emergenza “Coronavirus” e le direttive per prevenire o fermare il contagio, con il continuo appello: “Restate a casa”. E così le vie dei nostri paesi sono (quasi) vuote, ci si sbizzarrisce in casa a fare qualcosa soprattutto con i bambini, impegnandoli anche a disegnare su un cartellone un arcobaleno con scritto “Andrà tutto bene” (speriamo)… Per evitare gli assembramenti non possiamo trovarci a pregare assieme, a celebrare la S. Messa (ora neanche i funerali), a riunirci come Comunità e molti mi dicono in questi giorni (attraverso messaggi sul cellulare o chiamandomi al telefono) che sentono la mancanza di incontrarci a stare insieme. Nel cuore di tutti c’è il desiderio di tornare alla normalità (se tutti però rispettiamo le regole imposte!).
Vi offro tre semplici spunti di riflessione a partire da questa inedita situazione.
Grazie anche al coinvolgimento di istituzioni, associazioni e volontari, ci si sta organizzando per aiutare gli anziani per alcune necessità (fare la spesa) così da evitare l’uscita da casa. Ma anche tra vicini di casa e condomini nello stesso palazzo; anche tra gente che fino a qualche settimana fa faticava a salutarsi… Anche alcune vie o rioni organizzati con la “Zona di controllo del vicinato” per vigilare contro malintenzionati, sono diventati strumento di “aiuto del vicinato”. Può essere l’inizio di qualcosa di bello?
Già. Se da una parte molti sperano che tutto torni come prima (ma non credo che sarà possibile) e dall’altra c’è chi auspica che questo evento sia una lezione che induca a cambiare qualcosa nelle nostre vite, personalmente credo che sia una nostra scelta fare di quanto sta accadendo un’occasione per rivedere i nostri stili di vita. Non è infatti automatico che ciò possa capitare, sia a livello personale che sociale (dal nostro paese al mondo intero). È stata colpita la concezione moderna di libertà: capiremo che sarà necessario ripensarla? Anche per quanto riguarda la fede, la partecipazione ala S. Messa, la preghiera in casa…: perché non ci decidiamo a prendere sul serio il nostro battesimo e il nostro essere cristiani, a partire da questo drammatico vissuto?
Infine un pensiero va ai nostri malati. Li sto raggiungendo al telefono per avere notizie sulla loro salute e se è garantita loro la giusta assistenza. A loro dico che tutti stiamo provando che cosa significhi essere relegato in casa senza poter uscire, non vedere persone diverse, non poter partecipare alla S. Messa in chiesa con la comunità (accontentandosi di vedere quella trasmessa alla TV), fare della propria casa il luogo della preghiera. Questa solidarietà “obbligata” con i malati ci aiuti a non dimenticarli quando sarà finita l’emergenza e a impegnarci a fare loro visita perché non si sentano soli.