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29 Dicembre 2019
Anche per questo tempo di Natale il nostro Arcivescovo ha voluto scrivere per noi una lettera. Dopo aver raccomandato da una parte che questi giorni di riposo non siano rovinati da una «sorta di concessione alla trasgressione e allo sperpero», e dall’altra invitando a pensare alle persone sole o tristi, mons. Delpini propone alcune riflessioni che scaturiscono dal mistero dell’incarnazione di Dio e soprattutto dal tempo vissuto da Gesù a Nazaret, dove è cresciuto e vissuto per trent’anni. Scrive l’Arcivescovo: «Vorrei proporre di vivere qualche settimana come un tempo propizio per sperimentare la bellezza del quotidiano vissuto bene, un "tempo di Nazaret''».
Una prima considerazione su questo “tempo di Nazaret” è che è stato un periodo “normale”, senza nulla di straordinario. «Negli anni trascorsi da Gesù a Nazaret si potrebbe dire che "non sia successo niente"; Gesù "non ha fatto niente" che la testimonianza apostolica abbia ritenuto necessario tramandare nei Vangeli Ha, semplicemente, vissuto». E questa normalità ha scandalizzato molti che invece credevano che Dio lo si potesse solo incontrare in esperienze straordinarie se non terrificanti. Invece con Gesù possiamo fare esperienza di Dio nel quotidiano.
Una seconda considerazione del nostro Arcivescovo è un invito a vivere giorni di “riposo”, giorni senza incontri o riunioni o altri appuntamenti comunitari «per "stare in casa", pregare in famiglia, chiacchierare a tavola, praticare ritmi più ordinati di riposo».
Una terza riflessione è un richiamo a verificare i calendari delle nostre comunità cristiane. «La sobrietà pastorale, per cui talora si invocano indicazioni autorevoli, non sarà frutto di un intervento, ma piuttosto di un discernimento che rilegge l'esperienza e reagisce all'inerzia dei calendari che prevedono la ripetizione dell'identico». Il tempo di Nazaret insegna che anche Gesù per crescere ha avuto bisogno di molto tempo. Dunque non si può pretendere di far crescere una comunità in modo forzato con proposte e iniziative continue che congestionano le settimane.
Accogliamo queste provocazioni e pensiamo alla quotidianità che si vive nelle nostre case, luogo principale in cui di edifica la nostra Comunità, dove si educa alla fede attraverso i gesti, i comportamenti, gli esempi “normali”. In questa “normalità” ha voluto vivere Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, volendo immettere in essa la grazia necessaria a fare di quella normalità una buona notizia, un vangelo. È necessario infatti che ci decidiamo a rendere ogni giorno un “tempo di Nazaret” se vogliamo progredire nella fede.