La Parola del Parroco
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03 Marzo 2013
Molti cattolici forse oggi si sentono un po' orfani.
Papa Benedetto ha lasciato il suo ministero ed è salito sul monte per pregare. Ci manca un riferimento, ci manca un "Padre" visibile che dia certezza e sicurezza al nostro cammino. Ci manca la "pietra" su cui continuare a costruire la Chiesa, e certamente anche noi con Papa Benedetto invochiamo il dono dello Spirito, perché ispiri i Cardinali nel difficile compito di scegliere il suo successore, perché la Chiesa non rimanga a lungo senza guida.
Credo però che nelle dimissioni di Papa Benedetto ci sia un forte richiamo alla Chiesa e ai cristiani perché non stiano semplicemente a guardare, ma si diano da fare. È un invito rivolto anche a noi, a svegliarci dal torpore di una fede stanca e sterile, a non delegare l'impegno a tenere viva la fede e a testimoniarla soltanto a qualcuno, a non scendere a compromessi con ciò che non è evangelico, anche all'interno della Chiesa stessa.
La Chiesa continua a vivere perché, come ci ha ricordato Papa Benedetto, in essa c'è la presenza dello Spirito, perché è Gesù stesso al timone della barca di Pietro, perché è realtà viva. Ma la Chiesa vive anche grazie a noi, alla nostra partecipazione, al nostro impegno di carità, alla nostra testimonianza cristiana nel mondo.
Essere figli di Dio (ce lo dice il Vangelo di oggi) non significa avere una etichetta da cristiani, ma vivere nella fede, come Abramo.
Amare la Chiesa significa certamente pregare per essa, ma anche vivere in essa da protagonisti: partecipare, mettere a frutto i talenti che Dio ci ha dato, "spenderci" come si è speso Papa Benedetto, fino alla consumazione delle energie umane.
Altrimenti anche il prossimo Papa rischierà di essere troppo solo, non perché gli mancherà l'affetto dei cristiani, né perché gli mancherà il sostegno della preghiera e la grazia della presenza di Gesù, ma perché gli mancherà quello che ciascuno di noi può dare: la risposta di una vita spesa a servizio della Chiesa e del mondo, per amore di Gesù.