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16 Marzo 2025
«Saper aspettare sapendo allo stesso tempo forzare l’ora di quell’urgenza che non permette aspettare». Sono le parole poetiche di Pedro Casaldáliga, vescovo emerito di São Félix de Araguaia in Brasile, morto nel 2020. Ce le ha insegnate Maria Soave Buscemi, (anche con una melodia facile da cantare…e l’abbiamo cantata!) nel primo incontro del nostro Itinerario Quaresimale, dal titolo: “C’è speranza nella Parola?”. Lei è biblista, teologa, missionaria in Brasile. Con molta semplicità e dolcezza non ci ha tenuto una lezione sulla Parola di Dio e su come lei la annuncia in missione, ma ci ha fatto vivere un’esperienza di quell’annuncio, di quella condivisione della Parola, pane che nutre la vita, proprio come la pagnotta che ha portato e che ci ha chiesto di spezzare per prenderne ciascuno un pezzo da mangiare e da condividere.
Ci ha parlato della speranza spiegandoci che in portoghese “espere” ha più il significato di aspettare, indicando quindi la speranza di chi tiene le braccia conserte, aspettando che qualcosa succeda senza darsi da fare. Paulo Freire (grande pedagogista brasiliano) invece ha inventato una nuova parola: “esperançar”, che potremmo tradurre in italiano con “speranzare”, indicando la speranza di chi si dà da fare perché c’è un’urgenza «che non permette aspettare». È la speranza di chi non sta fermo ma si mette in cammino, come è il motto del Giubileo 2025: “pellegrini nella speranza”. È il cammino dei discepoli di Emmaus, che Maria Soave ha raccontato e spiegato, ricordando la loro sconsolata risposta a Gesù Risorto, “sconosciuto” compagno di cammino: «Noi speravamo…»; ma poi ci fu quell’ardore nel cuore, grazie alla spiegazione della Parola che Gesù fece loro circa il destino del Messia, che li fece tornare a Gerusalemme, correndo.
Papa Francesco (Ev-viva il papa!) nel suo messaggio per la Quaresima 2025, riprendendo il motto del Giubileo, e commentando la parola “camminare” scrive: «Qui sorge un primo richiamo alla conversione, perché siamo tutti pellegrini nella vita, ma ognuno può chiedersi: come mi lascio interpellare da questa condizione? Sono veramente in cammino o piuttosto paralizzato, statico, con la paura e la mancanza di speranza, oppure adagiato nella mia zona di comodità?». Allora, lasciamo che la Parola di Dio faccia ardere il nostro cuore perché ci mettiamo in cammino perché abbandoniamo le nostre zone di comodità che non ci fanno vivere questa Quaresima come opportunità di conversione, senza aspettare che qualcosa cambi in noi come un miracolo ma dandoci da fare per essere nuovi, speranzando.