La Parola del Parroco
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23 Febbraio 2025
In questi giorni è stato ricordato il quinto anniversario dell’inizio della pandemia in Italia. Proprio il 23 febbraio (come oggi) eravamo in procinto a dare il via alla sfilata di Carnevale, ma il decreto del governo definiva le prime misure per contenere la diffusione del nuovo virus. Decidemmo di sospendere tutto (tra i malumori di alcuni). In conseguenza iniziarono ad essere sospese le celebrazioni liturgiche, nella speranza di riprenderle al più presto. Non sapevamo ancora che cosa ci attendesse: i mesi tremendi che hanno segnato le nostre vite.
Come per ogni evento traumatico, l’istinto è quello di dimenticare, rimuovere la memoria. È una illusione perché sappiamo bene che gli strascichi della pandemia da Covid-19 ci sono ancora in molte persone, dagli anziani ai piccoli. Tra questi molti faticano ancora a uscire di casa, costretti in quei tempi a rimanervi, ad affidarsi ad internet per comunicare con il “mondo esterno”. Il rischio insito nel tentativo di cancellare la memoria di quei mesi è quello di non ricordare anche i comportamenti virtuosi che sono stati messi in atto e che ci facevano sperare in una “umanità migliore”. Si diceva (e si scriveva): “Andrà tutto bene” per incoraggiare, per infondere ottimismo; ma, di contro, precisavamo che la speranza del bene e del meglio doveva dipendere dalla volontà di costruirlo assieme. E in questa linea quanto bene è stato fatto tra noi. Penso all’aiuto tra vicini di casa quando uno era impedito a disbrigare fuori casa alcune incombenze (la spesa, l’acquisto dei farmaci…). Si è imparato a telefonarsi più spesso per controllare le condizioni di salute e farsi compagni costringendo alcuni anziani a destreggiarsi con gli smartphone per le videochiamate). Non potendo partecipare alla S. Messa domenicale, alcune famiglie hanno imparato a pregare assieme (scoprendo che si può vivere una liturgia domestica anche senza il prete!). Chiedo: che cosa è rimasto di questi buoni comportamenti?
Infine, proprio perché non dobbiamo dimenticare (che tristezza vedere medici e infermieri, osannati giustamente come “eroi” in quei mesi, ora oggetto di violenza in vari episodi), alcuni mi hanno fatto presente che i nostri avi dopo le pestilenze che affliggevano il nostro territorio seminando morte, erano solito innalzare un monumento o realizzare edicole dedicate ai santi protettori contro la peste (es. San Rocco). Per questo ho accolto l’idea di lasciare anche nei nostri paesi un ricordo dei nostri defunti a causa della pandemia e mi sono fatto portavoce di questa proposta presso i nostri Amministratori comunali. Vedremo che cosa si potrà fare, ma nel frattempo preghiamo per i morti e aiutiamoci a non dimenticare il bene che abbiamo compiuto