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28 Aprile 2024
Mercoledì 1° maggio si celebra la Festa del Lavoro. Un mondo di luci e di ombre. Mentre da una parte ci sono buone notizie circa l’aumento dei lavoratori a tempo indeterminato, dall’altra per molti la mancanza del lavoro è ancora un dramma, per altri il salario non è più sufficiente per far fronte al “caro vita”, per altri ancora si sta dibattendo sul salario minimo. A queste problematiche si aggiungono altre questioni come quella della qualità dell’ambiente lavoro (a partire dal rapporto con in colleghi), l’equilibrio tra tempo lavorativo e tempo per la propria famiglia, la sicurezza, il precariato, l’intelligenza artificiale… Come e quando riflettere su tutto ciò, perché non resti argomento solo di lamentela in famiglia e tra amici, chiacchiere al bar, o dibattiti negli ambienti sindacali?
Il nostro Arcivescovo nella sua proposta pastorale di quest’anno affronta il tema del lavoro al cap. 5 e scrive: «L’interpretazione cristiana del lavoro ha accumulato un patrimonio di sapienza e di criteri illuminanti che suggeriscono di affrontare il tema con rigore, con la pazienza di studiare, di promuovere confronti, percorsi di sperimentazione, così che anche il lavoro diventi un fattore di umanizzazione e una via per portare a compimento la propria vocazione e mettere a frutto i propri talenti». Mi interrogo come all’interno della nostra Comunità (o, meglio, a livello di Decanato) possiamo promuovere luoghi di riflessione sul lavoro proprio sulla scorta di quella sapienza cristiana di cui ha parlato mons. Delpini. La presenza delle ACLI nei nostri paesi può essere un’opportunità da valorizzare in questa direzione, forti del fatto «che il magistero della Chiesa può aiutare i lavoratori e gli imprenditori a ritrovare un senso integrale del lavoro, in cui gli aspetti puramente economici si possano unire alla ricerca di un valore più profondo del lavoro e alla generazione di valore sociale, ambientale e culturale».
Siamo tutti consapevoli che senza lavoro non c’è dignità per le persone, non ci sono garanzie per costuire il futuro della società, perché non c’è possibilità soprattutto per i giovani di realizzare progetti, formare una famiglia, generare figli. E anche se, come scrive l’Arcivescovo, «l’evoluzione dei processi lavorativi è così rapida, complessa e confusa che si corre il rischio di rassegnarsi a essere spettatori impotenti o vittime inermi di un sistema incomprensibile», tuttavia non dobbiamo rinunciare a darci da fare, a partire dalla riflessione comune, a migliorare il mondo del lavoro.
San Giuseppe lavoratore, prega per noi!