La Parola del Parroco
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19 Settembre 2021
In questi giorni mi è arrivata una comunicazione da una associazione di volontariato impegnata a promuovere nei nostri due paesi attività per bambini, ragazzi e genitori. Gli attuali organi sociali, che dirigono l’associazione, decadano dall’incarico, non rinnovando la propria disponibilità. Se nessuno si candida, l’associazione chiude i battenti.
La notizia mi ha rattristato. Tra le cause vi è anche la mancanza di persone che si impegnino in questa precisa opera di volontariato. Una “sofferenza” che altre associazioni patiscono. C’è da temere che in un prossimo futuro molti “servizi” e iniziative oggi garantiti da volontari non ci saranno più. A volte non ci rendiamo conto dell’importanza di questo “terzo settore” (come viene chiamato) nevralgico per la nostra nazione, dando per scontata la sua presenza senza ricordarsi che è garantita da chi offre gratuitamente tempo ed energie agli altri. Forse ci accorgeremo, per esempio, quando ritarderà l’ambulanza con alla guida volontari, chiamata a soccorrerci… E se da una parte è vero che l’innalzamento dell’età pensionabile comporta il venir meno di potenziali volontari tra i pensionati, dall’altra questo è anche il risultato di una cultura che ha esaltato l’individualismo. E se ciò accade in un paese in cui molti di professano cristiani, c’è da interrogarsi (e forse vergognarsi).
Credo che ogni ragazzo, adolescente, giovane e adulto, soprattutto se discepolo di Gesù, debba vivere una forma di volontariato proporzionato all’età e alla situazione che vive. Ognuno deve decidere quante ore della sua settimana o mese dedicare gratuitamente agli altri. Quando si organizza il proprio calendario o la propria agenda, è importante che ci sia spazio anche per un tempo speso per gli altri. E parimenti è bene farsi ogni tanto l’esame di coscienza e chiedersi: in questo mese che opera di volontariato ho svolto? Che bello se un proprio figlio che vede papà o mamma uscire di casa, chiedendo: “Dove vai?”, si sentisse rispondere: “A fare del bene agli altri!”.
Se alcuni dicono, più come auspicio, che la pandemia ci dovrebbe cambiare in meglio rispetto a prima, io sono persuaso che ogni cambiamento deve essere voluto, nonostante accadano eventi che indurrebbero a farlo. Riprendendo ancora l’esempio di papa Francesco circa la pandemia, se siamo diventati consapevoli di essere “sulla stessa barca”, ne consegue che tutti dobbiamo darci da fare per remare nella stessa direzione non solo per sopravvivere alle tempeste ma per intraprendere nuove rotte per una nuova umanità in cui ci riconosciamo tutti fratelli e il comandamento dell’amore che Gesù ci ha lasciato venga tradotto nella concretezza della carità.