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Per vivere meglio la Celebrazione Eucaristica: le elevazioni - 1
13 Settembre 2015
La presentazione dei doni, un gesto rituale che evidenzia la logica dell’offerta
Col pane e il vino i fedeli portano loro stessi, riconoscono l’amore del Creatore e si dispongono a lasciare che la loro vita sia trasformata dalla comunione con Cristo.
Non c’è Eucaristia senza il pane e il vino che, trasformati dalla parola efficace del Signore in virtù dell’opera santificatrice dello Spirito Santo, diventano il santo Corpo e il prezioso Sangue di Gesù Cristo immolato sulla croce. Per questo, durante la Messa, in tre diversi momenti rituali, il pane e il vino vengono sollevati in alto per essere presentati a Dio o per essere mostrati agli occhi dei fedeli affinché la visione rafforzi la fede e la fede conduca all’adorazione e alla comunione.
Delle tre “elevazioni” del pane e del vino durante la Messa - alla presentazione dei doni; dopo la consacrazione; alla dossologia al termine della preghiera eucaristica - si occupano le tre schede proposte per la formazione liturgica dei fedeli nelle prossime tre domeniche.
Di norma, il pane e il vino sono portati all’altare processionalmente da alcuni fedeli che, a nome della comunità, li presentano al sacerdote come restituzione grata di ciò che hanno ricevuto da Dio (frutto della terra) e come opera delle loro mani (frutto del lavoro dell’uomo). In questo gesto rituale, si evidenzia la profonda logica del dono e dell’offerta che pervade l’intera celebrazione eucaristica: i fedeli, che provvedono il pane e il vino necessario per il sacrificio eucaristico, in quei doni portano se stessi, riconoscono l’amore provvidente e generoso del Creatore e si dispongono a lasciare che la loro vita sia trasformata dalla comunione con Cristo per diventare un’«offerta viva in Cristo a lode della sua gloria», cioè un dono d’amore per Dio e per i fratelli.
Il pane e il vino portati processionalmente vengono deposti sull’altare. Il sacerdote prende la patena con il pane e l’eleva un poco, presentandola al Padre con una preghiera. Versa quindi un po’ d’acqua nel vino, rievocando la trafittura del costato di Gesù sulla croce («Dal fianco aperto di Cristo uscì sangue e acqua» – Cfr. Gv 19, 34), ed eleva un poco il calice con il vino, presentandolo al Padre con una preghiera. Se nel frattempo non si esegue un canto offertoriale, a ciascuna delle preghiere dette a voce alta il popolo risponde con una breve acclamazione.
È da notare, anzitutto, che l’elevazione della patena con il pane è distinta da quella del calice con il vino. Questo avviene in fedeltà ai gesti che Gesù ha compiuto nell’ultima cena e in corrispondenza con le due distinte elevazioni al momento della consacrazione.
Vanno poi considerati i testi delle preghiere che accompagnano la presentazione dei doni. Per il pane che per il vino il Messale ambrosiano dispone due formule, l’una di supplica e l’altra di benedizione. La prima preannuncia la meravigliosa conversione del pane e del vino che avverrà mediante la preghiera eucaristica («perché diventi il Corpo / il Sangue di Cristo, tuo Figlio»), ponendola in stretta relazione con l’accoglienza divina dei doni portati all’altare («O Padre clementissimo, accogli questo pane / accogli questo vino»). Un’accoglienza che si realizzerà quando il Padre, inviando lo Spirito Santo, renderà viva e operante la parola del Figlio che trasforma il pane e il vino nel suo Corpo dato e nel suo Sangue versato. La seconda, che recupera il modello ebraico della preghiera di benedizione («Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo»), prende le mosse dalla constatazione che il pane e il vino – sia come frutto della terra, sia come prodotto del lavoro umano – ci vengono dall’amore provvidente di Dio («dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane / questo vino»). Dio però non si limita a regalarci ciò che sostenta la nostra vita fisica. Con la presentazione del pane e del vino si prepara il dono di un «cibo di vita eterna» e di una «bevanda di salvezza», cioè il dono dello stesso Gesù, «pane vivo disceso dal cielo» (Cfr. Gv 6, 51). Da entrambe le preghiere si evince che il valore dell’elevazione che le accompagna è quello di essere un gesto primariamente rivolto a Dio, un atto di presentazione a lui dei doni portati all’altare.
Con l’«Amen», che chiude la prima formula, o con il «Benedetto nei secoli il Signore», che chiude l’altra formula, l’assemblea dei fedeli conferma la presentazione dei doni fatta dal sacerdote e si dispone a partecipare alla preghiera di consacrazione e alla comunione sacramentale. A questo punto i fedeli, che erano seduti durante la presentazione dei doni, si alzano in piedi per la solenne professione di fede (nella messa festiva) o per l’orazione sui doni (nella messa feriale).